I vitigni autoctoni calabresi sono gelosamente conservati e tramandati dai viticoltori del luogo

I vitigni autoctoni calabresi sono gelosamente conservati e tramandati dai viticoltori del luogo

Gennaro Convertini è presidente dell’Enoteca Regionale Calabrese. È esperto di viticoltura e promotore della cultura vitivinicola della regione Calabria, divulgatore agricolo dell’Arsac e sommelier. È impiegato presso l’ARSSA – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e per i Servizi in Agricoltura.
Una settimana prima dell’inizio del Concours Mondial de Bruxelles 2022 a Cosenza, Gennaro Convertini fornisce una descrizione dettagliata dei principali vitigni calabresi e discute i principali vantaggi e ostacoli della loro promozione.

 

– Per quali vitigni il clima e il terroir calabrese sono più adatti?
– Penisola del sud Italia, bagnata dal mar mediterraneo per 800 km di costa, ti aspetti un clima caldo, siccitoso, invece ti ritrovi in un territorio collinare e montano per il 91% della sua estensione. La Calabria è il terminale della catena appenninica, con i tre Parchi naturali Pollino, Sila e Aspromonte che partendo dalle vette, degradando verso i due mari, alternano e intersecano fra loro paesaggi diversi, divenuti, nei secoli, culla di vitigni tramandati sin dai tempi più antichi.
Non esiste un “Vigneto Calabria”, esistono tante espressioni di “terroir viticoli calabresi”, ciascuno con i propri vitigni di riferimento, ciascuno interpretato in modo originale da culture locali. Per questo, nelle vigne calabresi ti trovi di fronte decine e decine di nomi di vitigni autoctoni ancora non del tutto studiati, ma gelosamente conservati e tramandati dai viticoltori del luogo.


– Quali sono i vitigni di punta della Calabria?
– Come detto, tanti, ma proviamo a citare quelli che oggi compongono gran parte dei vini calabresi che si trovano sul mercato.
Fra i vitigni rossi, il più coltivato è certamente il Gaglioppo, vitigno principe dei vini rossi e rosati della DOC Cirò e del Melissa, nell’area Jonica crotonese. Il Cirò, grazie all’eleganza e all’equilibrio dei propri vini, quasi non riconduce a una provenienza del sud. Nella versione rosato, il Gaglioppo esprime tutta la sua freschezza e piacevolezza, che lo rende uno dei rosati di riferimento nel panorama nazionale italiano.
Il secondo vitigno rosso più coltivato in Calabria è il Magliocco Dolce, tipico dei territori della DOP Terre di Cosenza, ampia area di produzione del nord Calabria, che si estende dal Monte Pollino, fino alla Sila e, da est a ovest dal mare Jonio fino al Tirreno. Tanti terroir che nel calice regalano tante “sfumature di Magliocco Dolce”, che si lasciano riconoscere dal carattere generoso del vitigno, ricco di colore, acidità e tannini che, quando ben governati, danno vini di grande struttura e longevità.
A Lamezia e nella “Costa degli Dei”, nei dintorni di Tropea, è diffuso il tardivo Magliocco Canino, diverso geneticamente dal Magliocco Dolce, ma ricco anch’esso di colore e tannini. Il suo tenore di acidità ne richiede vendemmie più tardive, ma l’attesa è ripagata da vini molto longevi ed eleganti.
Nerello Mascalese (localmente chiamato Nerello calabrese) e Calabrese (Nero D’Avola), sono i vitigni coltivati nelle aree viticole intorno al Parco Nazionale d’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, imbottigliati nella DOP Bivongi e nelle IGP Locride, Palizzi, Pellaro, Costa Viola, Scilla e Arghillà.
Qui i vini rossi alternano espressioni più austere tipiche di montagna, a versioni più calde e saline, mediterranee.
Il Greco nero e altri vitigni minori, svolgono da sempre il ruolo di “gregari” negli uvaggi tipici alla base dei vini della tradizione locale.
Ma la grande sorpresa che si rileva fra i vitigni calabresi è rappresentata dai tanti vitigni bianchi nascosti, per secoli, nei vigneti destinati alla produzione di vini rossi, laddove i bianchi, presenti sempre in percentuali minori, venivano vendemmiati e vinificati in uvaggio.
Primo fra tutti il Mantonico bianco, presente ancora in piccole nicchie di produzione, ma destinato a diventare la star dei bianchi calabresi e non solo, grazie al suo carattere deciso che lo fa definire un vitigno “rosso mascherato da bianco”. Recenti studi genetici ne hanno definito l’antica origine, collocandolo fra i vitigni capostipite della viticoltura del mediterraneo.
A seguire il Greco bianco presente in varie declinazioni, da quella più aromatica della costa Jonica reggina (che ha una genetica e una storia comune a tutte le famose malvasie aromatiche del mediterraneo), alle tante versioni diffuse nel resto della regione.
Altro vitigno bianco di successo, partito dalla piccola area del Savuto cosentino, ora coltivato diffusamente in tutta la Calabria, è il Pecorello, vitigno non aromatico che origina ottimi vini bianchi strutturati.
Il panorama dei bianchi calabresi si completa con due vitigni dall’impatto aromatico caratteristico, lo Zibibbo, coltivato nella “Costa degli Dei”, salvato dall’estinzione da alcuni giovani viticoltori del luogo e la Guarnaccia bianca, base del famoso vino passito di Saracena e diffusamente coltivato nell’area del Pollino. 


– Nella regione, qual è la percentuale di varietà autoctone rispetto a quelle internazionali?
– In Calabria, come nel resto d’Italia, gli anni novanta hanno visto un’ampia diffusione dei vitigni internazionali, con l’obiettivo di produrne vini moderni, molto graditi dal mercato in quel momento storico. A distanza di circa 30 anni da quel fenomeno, alcuni viticoltori ne hanno fatto delle versioni molto interessanti e “tipiche”, al punto da rappresentarne prodotti di punta della propria gamma produttiva. Altri continuano a utilizzarli in uvaggio insieme ai vitigni locali. La tendenza è comunque rivolta al recupero e alla valorizzazione dei tanti vitigni autoctoni, al punto che oggi gli internazionali non superano il 20 % della presenza nei vigneti calabresi, in costante diminuzione man mano che si procede con i reimpianti.

 

– Quali sono le principali difficoltà che i viticoltori calabresi incontrano nella commercializzazione dei loro vini?
– La scarsa notorietà della Calabria e del vino calabrese ostacolano la commercializzazione dei vini. Altra difficoltà è rappresentata dalle piccole e piccolissime dimensioni di gran parte delle aziende vitivinicole calabresi e, complessivamente, la scarsa produzione di uve e vini in bottiglia, causati da una drastica riduzione delle superfici vitate avvenuta negli ultimi 40 anni. Piccole quantità di vini, molto diversificati, limitano l’efficacia della comunicazione moderna.


– Che cosa fanno oggi i produttori di vino per promuovere i vini calabresi?
– Al momento non esiste una vera e propria strategia di valorizzazione dei vini calabresi, le istituzioni svolgono azioni promozionali standard (partecipazione a fiere, eventi, incoming, ecc.) svolte occasionalmente e senza coordinamento fra gli enti territoriali (Regione, Province, Camere di Commercio, ecc.). I Consorzi di Tutela, destinatari di risorse del PSR (Misura 3.2) usufruiscono e spendono con difficoltà le poche risorse, rese disponibili dalla programmazione regionale a intermittenza, senza continuità, conditio indispensabile per attività promozionali di carattere strategico. I singoli produttori si limitano ad azioni di marketing aziendale, condotte con continuità e professionalità solo nelle aziende di medie e grandi dimensioni.

 

 

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