“L’utilizzo di vitigni storici regionali è la forza della Calabria”
L’industria vinicola calabrese non ha avuto vita facile. A causa della sua posizione geografica alquanto isolata e della mancanza di una promozione collettiva per i suoi vini, la regione ha lottato per molti anni per riuscire a farsi un nome sul mercato del vino. Per di più, la debole economia locale ha allontanato molti giovani. Almeno fino a poco tempo fa. Recentemente, infatti, un gruppo di giovani produttori di vino ha deciso di tornare nella regione e cambiare l’immagine dei vini calabresi. In che modo? Concentrandosi sulle varietà autoctone e perpetuando le tradizioni vinicole locali, stanno producendo ormai vini di classe mondiale che parlano della terra e della cultura calabrese e che rispondono anche all’attuale domanda del mercato di vini unici e autentici.
L’entusiasmo e l’investimento di questa giovane generazione di viticoltori hanno consentito un vero salto di qualità e hanno portato la Calabria alte vette di riconoscimento.
Tra questo gruppo di rivoluzionari del vino, un nome spicca per la ricerca, l’innovazione e gli enormi sforzi dedicati per preservare il patrimonio vinicolo e le tradizioni della Calabria: Librandi.
La più grande e prestigiosa azienda vinicola della Calabria si è letteralmente consacrata alle uve storiche della regione allo scopo di riportarle in auge. Negli ultimi cinquant’anni, la famiglia Librandi ha acquistato vigneti e investito in tecnologie di vinificazione moderne con un obiettivo principale: utilizzare uve locali e mantenere un alto standard di qualità. Il loro team studia le diverse varietà autoctone e ha addirittura aperto un museo per farle conoscere ai visitatori.
“L’azienda è nata negli anni ’50 con i vini Cirò“, racconta Raffaele Librandi, proprietario della cantina. “Più tardi, negli anni ’90, abbiamo introdotto alcuni vitigni internazionali, e anche se alcuni di essi si sono rivelati vincenti e producono ancora buoni vini, l’80% dei vitigni che utilizziamo ancora oggi sono locali, con una prevalenza delle classiche varietà Cirò – Gaglioppo e Greco Bianco“.
I motivi che inducono a utilizzare prevalentemente vitigni autoctoni non sono legati unicamente alla volontà di salvaguardare il patrimonio enologico calabrese, ma hanno a che vedere anche con anche la resilienza del territorio e dunque delle varietà: “Oggi che i cambiamenti climatici sono sempre più rapidi ed evidenti, i vitigni locali si adattano certamente meglio al terroir calabrese“, dice Librandi.
Inoltre, Librandi riconosce che i vini locali unici sono la strada della Calabria per il mercato internazionale: “L’uso di uve regionali storiche è la nostra forza. Offriamo vini originali, che non possono essere riprodotti in altri terroir“. L’azienda esporta attualmente in 40 mercati fuori dall’Italia, con il 50% della produzione venduta all’estero. Raffaele Librandi, nonno dell’ultima generazione della famiglia Librandi, ha cominciato a produrre con sei ettari di vigneti, come eredità per i suoi sei figli. Attualmente, l’azienda possiede 230 ettari di vigneti.
I giardini varietali sperimentali di Librandi
La passione della famiglia per la ricerca di vitigni autoctoni è iniziata nel 1993, quando ha piantato il primo blocco sperimentale, con viti di Magliocco, Castiglione e Pecorello nei vigneti di Ponta. L’acquisizione e lo sviluppo delle vigne Rosaneti rappresentano il forte desiderio dell’azienda di concentrarsi soprattutto sui vitigni autoctoni. “Ci sono due ragioni fondamentali per questo, la prima è che il patrimonio vitivinicolo calabrese è incredibilmente ricco. La seconda è che questo patrimonio presenta ancora molti punti poco chiari dal punto di vista scientifico, enologico, che meritano di essere approfonditi“, spiega il proprietario.
Oggi, i “giardini varietali sperimentali” della famiglia Librandi sono aperti al pubblico. I giardini possiedono una collezione di vitigni autoctoni che attualmente comprende circa 200 varietà recuperate in tutta la regione e disposte in un vigneto dalla caratteristica forma a spirale.