5 sfide per i rosé francesi

Il consumo dei vini rosé francesi – indipendentemente dalla regione di produzione – continua a crescere in tutto il mondo. Per sostenere questo slancio è però necessario trovare soluzioni ai diversi problemi a cui sono esposti.

Abbiamo chiesto a Gilles Masson, direttore del Centre du Rosé, struttura di Ricerca e Sperimentazione sui vini rosé, di analizzare con noi cinque sfide che i rosé francesi devono affrontare e le risposte fornite nel Pays d’Oc, in Provenza, ad Anjou e a Bandol.

La conservazione dei vini rosé

“In Francia produciamo rosé sempre più eleganti, oserei dire sempre più raffinati. Uno dei rischi principali è che possono diventare più fragili, una fragilità accentuata dal fatto che i rosé viaggiano sempre più lontano perché la loro esportazione è letteralmente esplosa in tutto il mondo. Allo stesso tempo siamo molto legati alle loro caratteristiche di giovinezza e freschezza. Prestiamo quindi particolare attenzione alla stabilità dei vini, che può essere influenzata dalla diminuzione dell’uso di zolfo a cui stiamo assistendo in tutte le regioni produttrici.”

La refrigerazione e l’inertizzazione hanno risolto una serie di problemi, ma è emerso un nuovo postulato: se il vino può ossidarsi con invecchiando, forse è possibile eliminare i composti ossidabili per evitarlo. “Il momento migliore per farlo è prima della fermentazione. Stiamo quindi sperimentando l’iper-ossigenazione del succo d’uva e ci stiamo rendendo conto che questa tecnica dà risultati molto interessanti per alcune varietà di uva. In Provenza stiamo perfezionando una tecnica per individuare la giusta dose di ossigenazione per Grenache, Cinsault e Syrah, e capire quale sia l’impatto sulla longevità.”

Per Nicolas Dutour, enologo del Pays d’Oc (laboratorio Dubernet), la conservazione dei rosé è un argomento tecnico universale che non si estinguerà mai. “Più i rosé sono chiari, più sono stabili in termini di colore. Trattandosi di una tendenza di mercato, ci muoviamo di conseguenza verso una direzione tecnica più facile.”

A Bandol, il problema sembra avere un impatto minore sull’industria vinicola. Per Cyrille Portalis, enologo, “La varietà Mourvèdre resiste molto bene all’ossidazione, quindi le dosi di zolfo sono naturalmente limitate.”

Il ruolo dei solfiti nei rosé

 “Su questo tema esiste un gruppo di lavoro nazionale (per tutti i colori). Il rosé è certamente il colore più complicato rispetto a questa problematica. L’obiettivo del gruppo è lavorare con i viticoltori e gli operatori del settore per sviluppare tecniche alternative e sperimentarle insieme, eliminando le apprensioni che possono sorgere nei confronti dei vini “senza solfiti”.

È in questa direzione che lavorano anche nell’Anjou, dove un tempo la fermentazione dei rosé semisecchi veniva interrotta usando l’anidride solforosa. “Sul piano tecnico, con tempi di maturazione più ridotti, un succo più limpido prima della fermentazione e un miglior controllo della refrigerazione, nell’arco di 20 anni abbiamo dimezzato le dosi di zolfo.”

Nel Pays d’Oc “Nei nostri laboratori, tra le varie strategie di sviluppo, lavoriamo sull’iper-ossigenazione dei mosti e sulla separazione dei succhi. Ciò ci permette di concentrarci sulle strutture tanniche, di evitare l’uso di SO2 sin dalla raccolta delle uve e di ottimizzarne l’uso.”

“La riflessione collettiva è molto interessante perché ci consente di condividere le esperienze e progredire per trovare soluzioni alternative. Per i viticoltori si tratta di una vera e propria co-costruzione di percorsi tecnici. Anche se non si arriva a definire una strategia standard, miglioriamo le nostre conoscenze e così riusciamo a ridurre la dose di solfiti nei vini”, conclude Gilles Masson.

Varietà di uva selezionate per i rosé

Per ridurre l’apporto di sostanze aggiunte e adattarsi ai cambiamenti climatici, in tutto il paese i produttori hanno iniziato a lavorare su nuove varietà resistenti. “In Provenza, quattro anni fa, abbiamo avviato una ricerca varietale con il programma EDGAR. Abbiamo realizzato incroci tra varietà resistenti e varietà classiche come il Rolle (Vermentino) e il Cinsault. Abbiamo studiato la progenie di questi incroci e partendo da 5.000 semi siamo giunti a 127 semi. Questi 127 semi saranno esposti al terroir provenzale in una parcella chiamata EVA, piantata nel 2021. Utilizzando sensori ad alta tecnologia osserveremo nel dettaglio tutte le condizioni di crescita nella regione. Si tratta di una vera e propria parcella 3.0. Studiando la resistenza alle malattie, alla siccità, al calore e le potenzialità per produrre vini rosé, dovremmo essere in grado di identificare 2 o 3 varietà che soddisfino tutti e tre i criteri.”

A Bandol, “Lavoreremo di nuovo su varietà autoctone che erano state abbandonate, come il Mourvaison, il Counoise o il Terret, ma anche su varietà greche come lo Xinomavao o l’Ajorjitiko”. Ma da un punto di vista puramente filosofico, Cyrille Portalis preferirebbe riqualificare le varietà locali.

L’Anjou ha scelto di concentrarsi su varietà autorizzate nel disciplinare. “Per il Cabernet d’Anjou, stiamo assistendo a un riequilibrio con il Cabernet Sauvignon. In effetti alcuni produttori lo producono anche monovitigno. Per il rosé d’Anjou, il Grolleau, poco alcolico, rimane una vera e propria carta vincente. Il problema si pone un po’ di più per l’acidità e il colore, su cui stiamo lavorando collettivamente.”

Sébastien Pardaillé (laboratorio Natoli del Pays d’Oc): “Nel disciplinare dell’IGP OC abbiamo un elenco di varietà per ogni colore di vino, compresi i rosé. Ciò vuol dire che sin dall’inizio abbiamo una grande diversità di rosé. Notiamo che si sta diffondendo l’uso del Grenache – che ha pochi polifenoli – così come il Nieluccio e il Caladoc, particolarmente adatti per produrre rosé. Osserviamo anche un rinnovato interesse per il Cinsault che dopo essere stato estirpato, viene reimpiantato quasi esclusivamente per produrre rosé. Esiste una vera dinamica dei vitigni utilizzati per il rosé e ciò permette di rispondere ai cambiamenti climatici”.

Nicolas Dutour precisa che “Stiamo assistendo anche all’emergere di varietà resistenti come il Cabernet Cortis e il Marselan, che danno risultati molto interessanti nel rosé.”

Gilles Masson riassume la situazione “Attualmente in tutta la Francia si lavora in maniera molto dinamica sui vitigni autoctoni e moderni. Si sta iniziando a lavorare anche sul rosé, il che ci permette di immaginare i rosé di domani.”

L’identità regionale dei rosé

“È un tema ricorrente da sempre, in tutte le regioni, che viene costantemente ampliato e arricchito. Al Centre du Rosé abbiamo creato una banca dati sui rosé di tutta la Francia (e del mondo). Questo ricchissimo database ci permette di differenziare le diverse regioni produttrici. Per esempio, all’inizio i vini provenzali venivano identificati soprattutto per il loro colore. Oggi l’obiettivo è identificare le differenze a tutti i livelli della degustazione, dagli aromi ai sapori.

Cerchiamo di analizzare tutte le differenze legate al terroir di provenienza che hanno un impatto sulla struttura dei vini rosé – alcol, tannini, zucchero, ecc. Misuriamo anche il know-how regionale che è essenziale in questo approccio interregionale. Nella degustazione alla cieca, riusciamo a differenziare e a posizionare i rosé nella loro regione. I rosé sono tutti diversi, hanno dei veri e propri segni distintivi e una vera e propria tipicità. L’idea è quella di produrre vini che esprimano il loro terroir e, lontano da ogni opportunismo, di sviluppare vini rosé diversi e tipici delle loro regioni.

Nel Pays d’Oc, la produzione di vini rosé è in costante evoluzione. “Fin dalla sua nascita, il DNA dell’IGP Pays d’Oc ha avuto un approccio intrinsecamente liberale e il disciplinare consente una grande libertà tecnica supervisionata in termini di terroir e vitigni. L’adattamento ai cambiamenti e l’innovazione sono quindi incoraggiati, dando vita a una vasta gamma di rosé. Oggi costatiamo che i produttori della regione stanno creando una vera e propria gamma di rosé in cui si sviluppino gli elementi del terroir. I vigneti di alta quota (Aude e Gard), le prime colline e le pianure costiere (da Perpignan a Collioure) cominciano a essere presenti sulle etichette.”

Cambiamento climatico

Per Gilles Masson, “In Francia, a prescindere dalla regione di produzione, i rosé non sono immuni dalle problematiche legate al cambiamento climatico e dei suoi effetti sulla maturità e sull’equilibrio del vino. La sfida è quella preservare lo stile dei vini che piacciono, nonostante i cambiamenti esterni come la siccità e il caldo. Come abbiamo visto in tutte le regioni viticole sono in corso ricerche a lungo termine sulle gamme varietali, ma anche per fornire soluzioni immediate come l’irrigazione, su cui può essere interessante lavorare in termini qualitativi e non quantitativi. Stiamo anche lavorando sull’ombreggiamento utilizzando reti e pannelli fotovoltaici. La gestione del fogliame – potatura, altezza dei tralicci, cimatura – è una strada molto interessante da esplorare perché abbiamo foglie che apportano troppi zuccheri e consumano molta acqua. Il fogliame è tuttavia di grande importanza perché protegge l’uva dalle scottature.”

A Bandol si affronta lo stesso problema. I viticoltori sanno che la vite si adatterà ma sanno anche che loro dovranno continuare a progredire per sostenere la produzione di vino e pensare al tipo di vini che la natura produrrà. “Stiamo cercando di introdurre delle misure per compensare ciò che accade oggi e ci stiamo preparando per il futuro con altre varietà di uva, altre tecniche di coltivazione e soprattutto una migliore gestione delle risorse idriche. Le precipitazioni sono imprevedibili, il che è già di per sé un vero problema.”

Nell’Anjou, “Vendemmiare a fine agosto-inizio settembre è diventato ormai la norma. Ciò implica che spesso portiamo dentro l’uva a temperature elevate e questo causando problemi di refrigerazione che prima non avevamo. Le operazioni in cantina sono più difficili. La vendemmia notturna, a partire dall’una di notte circa, si sta quindi diffondendo e ci permette di raccogliere uve più fresche.”

Nel Pays d’Oc IGP, “Osserviamo che i professionisti piantano viti dedicate ai vini rosé. Lo fanno in terreni profondi per trattenere la freschezza e combattere la carenza d’acqua con portainnesti e cloni adatti. Questo lavoro, unitamente alla strategia regionale volta a implementare l’irrigazione (progetto Aqua Domitia), rappresenta uno sviluppo importante perché evitare lo stress idrico è essenziale per produrre ottimi rosé.”

Di fronte alle molteplici sfide, le regioni francesi produttrici di rosé hanno già introdotto misure efficaci e lavorano attivamente per prepararsi al futuro. Alcune soluzioni sono tecniche o addirittura tecnologiche, altre si concentrano sull’ampia gamma di vitigni disponibili in ogni regione. Ma tutte contribuiscono ad ampliare un insieme sempre più completo di risorse a cui i produttori possono attingere per valorizzare i loro rosé.

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